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Decreto ingiuntivo: cos’è e come si fa ricorso

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Le vertenze tra creditori e debitori hanno spesso il potenziale per creare frizioni e contrasti tra le parti. Non di rado, infatti, la questione può (o deve) essere risolta per mezzo dell’intervento dell’autorità giudiziaria che dispone un’ingiunzione, secondo quanto previsto dal Codice di procedura civile. Vediamo di seguito di che provvedimento si tratta e quando la controparte può impugnarla e presentare ricorso.

Cos’è un decreto ingiuntivo

L’ingiunzione – o decreto ingiuntivo – è un provvedimento giudiziale regolamentato dall’articolo 633 del Codice di procedura civile: “Su domanda di chi è creditore di una somma liquida di danaro o di una determinata quantità di cose fungibili, o di chi ha diritto alla consegna di una cosa mobile determinata, il giudice competente pronuncia ingiunzione di pagamento o di consegna“. Le condizioni necessarie affinché il giudice disponga il decreto di ingiunzione sono:

– il creditore fornisce una prova scritta dei propri diritti; secondo quanto disposto dall’articolo 634 del c.p.c., costituiscono prova scritta “le polizze e promesse unilaterali per scrittura privata e i telegrammi“;

– il credito, di qualsiasi genere, riguarda “onorari per prestazioni giudiziali o stragiudiziali o rimborso di spese fatte da avvocati, cancellieri, ufficiali giudiziari o da chiunque altro ha prestato la sua opera in occasione di un processo“;

– il credito riguarda onorari, diritti o rimborsi spettanti a notai (secondo le normative relative alla loro professione) oppure “oppure ad altri esercenti una libera professione o arte, per la quale esiste una tariffa legalmente approvata“.

Il giudice può disporre l’ingiunzione anche nel caso in cui il diritto dipenda da una controprestazione o da una condizione; in circostanze del genere, il ricorrente deve essere in grado di provare di aver adempito alla controprestazione o che la condizione necessaria si sia verificata.

In sostanza, il decreto ingiuntivo rappresenta un provvedimento – emesso su richiesta di un soggetto creditore – per mezzo del quale l’autorità giudiziaria ordina al debitore di saldare il debito maturato nei confronti del ricorrente. L’ingiunzione, inoltre, fissa anche un determinato lasso di tempo (di solito 40 giorni) entro il quale il debito deve essere saldato, per mezzo del versamento di una somma in denaro, la consegna di un bene mobile o qualsivoglia altra forma (a seconda dei casi di specie).

Come fare ricorso avverso al decreto di ingiunzione

Nel caso in cui il debitore (ossia il soggetto ‘ingiunto’) ritenga il provvedimento ingiusto può impugnarlo e presentare ricorso. La normativa di riferimento, in tal caso, è rappresentata dall’articolo 656 del Codice di procedura civile; il dispositivo stabilisce che la sentenza di ingiunzione può essere impugnata per revocazione (nei casi indicati dai commi 1, 2, 5 e 6 dell’articolo 395 del c.p.c.) o “con opposizione di terzo“. Poiché si tratta di una procedura non semplice, è bene tutelarsi tramite una consulenza legale o, a limite, documentarsi sulla materia consultando portali specializzati: la guida per il ricorso per decreto ingiuntivo su avvocatoaccanto.com, ad esempio, fornisce molte indicazioni utili a tal proposito.

Il decreto ingiuntivo può essere impugnato per revocazione nei seguenti casi:

– se è effetto di dolo di una delle parti nei confronti dell’altra;

– se le prove vengono riconosciute o dichiarate come false dopo la sentenza oppure se la parte soccombente ignorava che le prove erano state dichiarate false già prima della sentenza;

– se la sentenza di ingiunzione risulta contraria ad un’altra pronunciata precedentemente “avente fra le parti autorità di cosa giudicata, purché non abbia pronunciato sulla relativa eccezione“;

– se la sentenza è effetto del dolo del giudice, accertato per mezzo di una sentenza passata in giudicato.

Il ricorso con opposizione di terzo è disciplinato dall’articolo 404 del c.p.c.: “Un terzo può fare opposizione contro la sentenza passata in giudicato o comunque esecutiva pronunciata tra altre persone quando pregiudica i suoi diritti. Gli aventi causa e i creditori di una delle parti possono fare opposizione alla sentenza, quando è l’effetto di dolo o collusione a loro danno“.

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